“Sono troppo pigr*”, “Non so gestire il mio tempo”, “Non sono abbastanza brav*”, “Non mi impegno abbastanza”.
Quante sfide abbiamo rimandato nelle nostre vite… anche la scrittura di questo blog!
Ma perché procrastiniamo?
Rimandare il momento di affrontare degli impegni o delle scelte viene spesso confuso con pigrizia, mancanza di volontà, o incapacità nel gestire il tempo e gli impegni.
Innanzitutto, possiamo distinguere la procrastinazione legata ad una situazione specifica da una modalità più trasversale di affrontare le difficoltà, difendendosi attraverso una forma di evitamento.
La procrastinazione può assolvere diverse funzioni:
- Protezione da – e espressione di – un senso di inadeguatezza
- Schermo dall’ansia o altre emozioni negative (ATTENZIONE! Effetto boomerang)
- Perfezionismo: aspettative ideali irrealizzabili
- Prendere tempo
In ogni caso, il meccanismo della procrastinazione attiva un circuito che si autoalimenta: cercando di evitare le emozioni negative che una certa sfida ci porterebbe a provare, finiamo con l’alimentare un senso di inefficacia e di colpa, una percezione di incapacità e scarsa autostima.
Inoltre, ciò contribuisce a rinforzare l’idea che ciò che rimandiamo è per noi un compito complesso e troppo difficile da gestire.
Intanto, questa difficoltà aumenta, insieme all’ansia, alla paura di sbagliare e non farcela. In altri casi, ci si scherma del tutto da queste emozioni spiacevoli, al punto da non considerare più neanche il compito stesso.
Talvolta, l’attesa può rappresentare uno spazio-tempo in cui riorganizzare le proprie risorse.
Nel nostro studio vogliamo promuovere narrazioni della procrastinazione e di noi stess* più complesse e meno colpevolizzanti. Iniziare un percorso di terapia può attivare molti dei vissuti che abbiamo citato (paura di fallimento, vergogna, bisogno di sentirsi perfetti) e anche quando si riesce ad intercettare questo bisogno, si può rimandare il momento in cui trasformarlo in una richiesta concreta.